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Un po' di tutto Un po' di niente

by Mattia Martinengo & le parole bruciate

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1.
L’attimo in cui si spezza qualcosa. La verità nei simbolismi di determinati avvenimenti. Che poi è sempre un tutto o un niente. Sugli avvicinamenti decisi più che altro dal caso, sui messaggi solitari di certe notti insonni, sui problemi di comunicazione o forse è colpa dei mezzi, l’accontentarsi degli insoddisfatti ricorda certe vecchie e sporche coperte destinate ad un tempo determinato (e poi rattoppi). E oggi ho fatto tante cose ma ne ricordo solo una: che è la conta di tutti i rapporti da cui mi devo disintossicare perché piovono secchiate di merda dal cielo. Fra le opinioni e fra i bombardamenti, fra le suggestioni e i bar, fra le sfumature, gli spigoli e i contorni io e la mia solita ombra siamo qui a sgusciare fra le interferenze del giorno con l’insicurezza di sempre. Fra disagio ed euforia, etica, estetica e caos, prima mi confondo, poi mi illudo e infine sprofondo perché piovono secchiate di merda dal mondo degli umani.
2.
Una domenica 04:14
In principio giocavi con una bottiglia di the freddo alla pesca, eri agitatissima e sbattevi da tutte le parti come una trottola impazzita, io temevo che mi avresti demolito qualcosa. Poi mi hai narrato incantata di una lettera destinata alla te stessa del futuro, avevi un’aria serena, era da tempo che non ti vedevo così. E dopo che abbiamo fumato sono andato al cesso e il tuo cellulare è partito a suonare e ti sei messa a urlare: “Dai, senti... è bella questa canzone no?” Sicuramente meno di questa pisciata, ho pensato, stando attento a non bagnare l’asse e volendoti bene. E ad una certa, mentre la luce del giorno salutava ti ho vista tutta rossa ed ho trovato strano non essermene accorto prima. Ho pensato che nel pomeriggio tu avessi preso un gran sole leggendo il tuo Herman Hesse al Valentino. Ma avevi semplicemente caldo, mi hai rivelato sorridente, fissando il soffitto. Ed eccoci giungere ai discorsi equivoci e imbarazzanti. E poi siamo finiti come tu sai (come temevo), come tu sai (come temevo), come tu sai (come volevo), ed è stato bello, molto bello, davvero molto bello ma la domenica è finita.
3.
Sulla scia 02:28
4.
Dicono che ti vesti così per sembrare meno timida. Tu e i miei concetti relativi. Tu e i miei problemi specifici. Giochi d’ambiguità, giochi di sguardi/specchi, giochi di complicità, giochi emotivi, giochi di sensazioni, giochi d’umori ondivaghi. Un sorriso, si, anche socchiuso quanto può essere avvolgente un sorriso, fra quattro mura, come in vacanza, quanto può riscaldare un sorriso. Per te che piangi del presente, piangi del passato. Io si sarò contorto ed umorale ma forse sono soltanto capricci, che sto sopra un filo, fra onde di dubbi e a tratti è come se non sapessi più chi sono/ero. Ed ora ci sei tu con i tuoi passi di danza e la costante voglia di mare, ed ora ci sei tu in questi giorni di mezzo in cui non riusciamo a volare. Tu che piangi del presente, piangi del futuro. Dicono che ti vesti così per sembrare meno timida. E ci domanderemo se c’è “qualcosa” di “speciale”. E ci domanderemo i “perché”, i “ma”, i “se”. E ci domanderemo se c’è “qualcosa” di “speciale”. E poi, forse risponderemo “non importa”. E poi, di certo ci risponderemo con un “non importa”. Il passato, che passato è passato il passato. Il futuro non esiste. Il futuro che non c’è, il passato, che passato ma “non importa”.
5.
Il fastidio 01:18
Comunicazioni dall’interno.
6.
Cara 06:48
cover di Lucio Dalla
7.
È già finita che forse non è mai iniziata.
8.
Piove polline su giornate incolori passate oscillando come dentro a un film. Modico elegante modo di scorrere. Un’ironica parata di un’insolita giornata, un morboso desiderio di stupore d’amore, con discrezione, si intende. Modico elegante modo di scorrere. Ma come era bella l’alba con te ci illuminava fragile. E come potevo non ridere certe notti su e giù. Nella vecchia stanza di solitudine ritoccheremo il cosmo, si ma con le labbra in ritagli di giornale, tu scarta la scorza che io ti lecco il cuore, poi le nostre ombre ci insegneranno ad amare. E l’ordine vada a farsi fottere, a farsi fottere, farsi fottere nudi nel letto ancora. Come gli aquiloni tristi nel blu, come aquiloni persi. Come gli aquiloni persi lassù, come aquiloni tristi. Ho trovato, trovato, trovato vecchie stanze, solitudine. Ho trovato, trovato, trovato dolci occhi di solitudine. Ho trovato, trovato, trovato vecchie stanze per solitudine. Ho trovato, trovato, trovato nudi nel letto, ancora.
9.
Il farsesco 01:16
Comunicazioni dall’esterno.
10.
Raccontami Michè di resistenze esotiche, di attese notturne, carovane, di scalda spiriti economici; del flusso di coscienza che se ne va, dai, raccontami Michè di blues indo-romani; di notti clandestine, volubili, a due passi dal Verano. E quanto è bello cantà questo stornello, questa serenata per te che te ne sei annato. E quanto è bello cantà questo stornello, questa serenata dedicata a te che te ne sei annato. Dai raccontami di persone conosciute in altre vite, di questo clima estivo che ci avvolge, di tutti i sentimenti tramutati in immagini; dei nostri bei ricordi ragazzini un paio di note stonate e qualche fiore e una parola sola: Roma. Qui ora per me tutto è diverso, tutto è cambiato, in culo ciò che di brutto c’è stato. Raccontami Michè, raccontami, raccontati, raccontiamoci.
11.
...Caffè... 01:21
12.
Il fatalismo 04:18
Pulito e contratto in bilico sugli argini, sulle emozioni marginali, sui contesti equivoci nel tempo che resta per essere di nuovo sporco. E tu sospiri fra maschere e parole, fra medicine e cure, tu e la corte dei miracoli che non trattiene più i fili, non mi censura più. Il fatalismo e le mie perplessità. Fra le mappe del reale, le percezioni, le tematiche di gravità, le storie rovinate dalle prefazioni e tutti i conti con le giornate. Che alfine si spezzino catene e imbarazzi e che vengano issate le forme delle favole, le forme delle favole. Legare e sciogliere. Legarsi e sciogliersi. E c’è una barchetta che ondeggia lieve fra i guanti in terra e le urgenze di comunicare sempre con qualcuno che non è presente. Il fatalismo e le mie perplessità.
13.
Come dire una resa, una sera svestita, un’antenna parabolica, un telecomando senza pile, un’isola tropicale, un profilo nell’ombra, che dolce, fugge via. Una parete rossa ed un soffitto verde, le parti di uno specchio infranto, il buio degli occhi chiusi, la zanzara uccisa, gli occhiali persi, una nuvola color panna, una cerniera rotta, una foto nel portafoglio, una qualunque foglia in autunno.. L’oblio, il nulla, la morte, la luna, una macchia di sangue, un lenzuolo candido, un cuscino in più, il lancio di una moneta, l’ordine e il mio disordine cronico. Un mal di testa, un’ansia, un’improvvisazione, lo spazzolino da non usare, giusto un ricordo, la parola casa, ripetizioni, piccoli passi, un’idea, fortuna, casualità, destino. Lo straccio per i pavimenti, un trucco di magia, qualcosa di necessario, un lampione nella neve, un pranzo coi parenti, una domenica senza uscire di casa. Certe note nello spazio e nel tempo, certi paesaggi, certi sogni, certi discorsi, certi bisogni, le belle immagini, le case che cambiano, le occhiaie.

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Registrato e mixato da Pier Agus al Plagamatta Studio nella primavera/estate del 2013

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released January 21, 2014

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Mattia Martinengo Torino, Italy

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